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Le cose che non sappiamo sulle impronte digitali

Giugno 8, 2018

Le impronte digitali sono uniche e perciò sono ritenute ancora oggi il metodo migliore per identificare qualcuno.

Invisibili o quasi a occhio nudo, richiedono un processo di sviluppo chimico per essere visualizzate. Anche le impronte delle dita dei piedi sono uniche e possono essere usate per l’identificazione. Lo stesso dicasi anche i palmi delle mani e le piante dei piedi

Un’impronta digitale si forma quando un dito entra in contatto con una superficie. Il dito lascia dietro di sé tracce di sudore e qualsiasi altra sostanza che la persona possa aver toccato.

Tali sostanze si depositano nelle creste presenti sulla punta del dito, che si formano quando lo strato inferiore dell’epidermide cresce a una velocità diversa rispetto al resto della pelle. In pratica le nostre impronte digitali sono costituite dai diversi strati della pelle “intrecciati” insieme.

Le impronte che lasciamo sono composte da un gran numero di sostanze che la nostra pelle secerne in modo naturale o che ha assorbito attraverso il contatto con l’ambiente. Queste sostanze possono rivelare anche segreti personali altrimenti inaccessibili. Alcuni ricercatori della Cornell University hanno dimostrato che, dal tampone del display di uno smartphone , si possono ricavare informazioni sullo stile di vita del possessore, i cosmetici che usa, il cibo che mangia, i farmaci che assume, se usa droghe, e, in alcuni casi, anche i luoghi in cui è stato.

 

Prima che le impronte digitali venissero adottate come metodo di riconoscimento, si usava la misurazione delle ossa, col cosiddetto metodo Bertillon, dal nome del poliziotto francese Alphonse Bertillon: ogni persona, sosteneva, avrebbe proporzioni del corpo diverse e per ricavare dati univoci su ciascuno di noi bastava scattare semplici fotografie e misurare. Tale metodo fu utilizzato per tre decenni dalle polizie europee, ma in più di un’occasione si dimostrò alquanto impreciso.

Si può nascere senza impronte digitali? Sì, tre malattie genetiche possono impedire la formazione di impronte digitali: la sindrome di Naegeli-Franceschetti-Jadassohn (NFJS), la Dermatopathia pigmentosa reticularis (DPR) e l’adermatoglyphia, Il National Institutes of Health americano chiama quest’ultima anche “malattia che rallenta l’immigrazione” per i problemi che causa alle persone che cercano di espatriare.

Le impronte digitali si possono anche perdere: chi svolge un lavoro tattile duro, come il muratore e chi utilizza alcuni farmaci può vedere erodere le proprie impronte digitali.

Poi c’è chi prova a rimuoverle apposta: il famigerato gangster John Dillinger le bruciò con l’acido, in modo che non venissero mai usate contro di lui.

Il microbioma potrebbe essere la nuova impronta digitale: il DNA collettivo di batteri, funghi e virus che costituiscono la nostra flora batterica intestinale è un enorme archivio di informazioni sulla nostra salute, ambiente, dieta e genetica, ed è unica.

Testimonianze basate su tecniche forensi microbiche sono già state ammesse in alcuni tribunali statunitensi.

 

 

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